Disturbi evolutivi: nozioni di base

Disturbi evolutivi: nozioni di base

I disturbi evolutivi riguardano la fascia più giovane della popolazione e interessa individui in età infantile e adolescenziale.

Per elaborare una diagnosi di disturbo evolutivo è necessario pianificare diversi incontri di assessment nei quali lo psicologo raccoglierà diverse informazioni sul funzionamento del soggetto, attraverso il resoconto dei genitori, dei nonni o di persone a lui vicine, incluso individui appartenenti al nucleo extra familiare come insegnanti, allenatori o persone esterne se necessario e, se la maturità cognitiva lo consente, dal diretto interessato.

Nella fase di assessment che precede l’elaborazione di una diagnosi di Disturbi evolutivi il professionista deve escludere che la problematica sia riconducibile a condizioni mediche o genetiche o a fattori ambientali, pertanto solitamente la prima visita spetta a un medico specializzato in neuropsichiatria infantile. Una volta esclusa la presenza di una causa organica, lo psicologo valuta diversi indicatori come l’età di esordio e il livello di gravità del disturbo.

Per parlare di Disturbo evolutivo la problematica deve emergere nelle fasi iniziali dello sviluppo e, soprattutto, deve rappresentare effettivamente un problema. In pratica ciò significa che questa problematica deve influenzare negativamente il funzionamento del soggetto. Ciò può avvenire in maniera settoriale ovvero specifica, come accade nel caso dei DSA, Disturbi Specifici dell’Apprendimento, oppure può ampliarsi a vari ambiti del funzionamento del soggetto, avvicinandosi a un quadro clinico più vicino ad altri disturbi come il Ritardo Mentale.

Sulla base delle problematiche evidenziate il professionista può avvalersi o meno di collaboratori e optare per l’utilizzo di test. Tali test devono essere validati scientificamente e possono riferirsi a vari ambiti del funzionamento del soggetto.

Ad ogni modo è fondamentale instaurare un rapporto collaborativo con i professionisti in modo da operare nella stessa direzione. Allo stesso modo è necessario intervenire sin dai primi campanelli di allarme che suggeriscono la presenza di un disturbo emotivo, cognitivo o comportamentale in modo da potenziare le risorse del bambino o del ragazzo e di ridurre i fattori di rischio. In questo modo è possibile migliorare notevolmente gli effetti del disturbo e/o il suo decorso.

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